L’altro giorno ho preso l’autobus della linea 61 dal capolinea nord al capolinea sud con il preciso intento di fare delle foto. Sulle prime ammetto che ero abbastanza preoccupato di riuscire a scattare foto interessanti senza che i miei soggetti se ne accorgessero, ma con il passare dei minuti ho notato che più o meno tutti i passeggeri erano occupati dai fatti loro, chi con le cuffie, chi semplicemente col telefono e io ero praticamente invisibile, che è la condizione migliore.
“La fotografia «costruita» o messa in scena non mi interessa”, ebbe a dire Henri Cartier Bresson – il padre putativo di noi fotografi di strada – e da quando ho iniziato a scattare fotografie sono rimasto fedele a questo principio: scatto le foto a soggetti inconsapevoli.
Ad un certo punto del tragitto dell’autobus su cui mi trovavo è salita una madre con due bambini. Si sono seduti davanti a me: la mamma tutta presa dal suo telefono con le cuffiette, la ragazzina – probabilmente la sorella maggiore – tutta presa dal suo compito per l’appunto di sorella maggiore, impassibile che guardava dritta davanti a sé. A me ha subito preso in simpatia il più piccolo dei figli: non appena è salito sull’autobus si è messo a guardare fuori con un’estasi e un rapimento che mi ha fatto sospettare che fosse il suo primo viaggio in autobus con la madre e se non era il primo viaggio dimostrava una attenzione e una curiosità assoluta per quello che capitava fuori dal finestrino. In un certo senso mi sono sentito molto simile a quel ragazzino: anche io guardavo fuori dal finestrino, cercando qualcosa che mi facesse propendere per premere il pulsante di scatto. Ho aspettato qualche istante, la madre continuava ad essere persa nel suo telefono, la sorella grande non badava al fratellino e allora ho cercato di rendere in un fotogramma la curiosità di quel ragazzino.
Se mai dovessero chiedermi per me che cosa è la fotografia, potrei dire che è la possibilità di catturare in una immagine la curiosità di questo ragazzino, e di vedere il mondo con i suoi occhi.
Vedere qualcosa di ordinario, qualcosa che vedresti ogni giorno e riconoscerlo come una possibilità fotografica, questo è ciò che mi interessa. Stephen Shore